Nell’interessante cornice del Ristorante Il Vigneto, di Grumello del Monte, si è tenuta la conviviale interclub con i soci del Club Bergamo Città Alta (Presidente Ettore Tacchini), quelli del nostro club col Presidente Giulio Bassi e quelli del club Sarnico e Valle Cavallina (con Roberto Ferrari ), il club che ha ospitato la serata. All’introduzione di Ferrari è seguita la relazione tenuta dal Dr. Giorgio Arfaras, economista di fama del Centro Studi Einaudi-Finanza, sul tema “Demografia e Finanza: il mondo che verrà”. Il titolo era già indicativo del fatto che si sarebbe parlato di una finanza visitata in un modo insolito, sì perché, in effetti, relazionare come la composizione demografica della popolazione mondiale influisca sull’economia globale non è un argomento molto trattato. Il relatore si è dimostrato immediatamente portato a stupirci quando ha annunciato che non ci avrebbe presentato alcun grafico “tanto i grafici, alla fine, ci danno sempre torto”. Qualche numero però non guasta. Ad esempio è illuminante sapere che un ottantenne su100 abitanti del 1950 è passato, in Italia, a 5 su 100; dunque più che quintuplicati in 60 anni e il dato è ancora più impressionante se si tiene conto del fatto che la popolazione è passata, nel periodo, da 50 a 60 milioni di individui. Tutto questo, unito alla diminuzione delle nascite e al fatto che il limite superiore dell’età improduttiva è passato dai 15 ai 24 anni, sta provocando una compressione di tutti i numeri virtuosi di un bilancio del welfare nazionale che deve anche affrontare la dilatazione degli anni di godimento di una pensione che prima sosteneva un soggetto ritirato dal lavoro per una media di 5 anni, mentre ormai (e meno male per i diretti interessati) arriva a lambire i 20 anni. Lo stupore dell’economista serio, colui che non cede alle influenze ideologiche, nasce dalla considerazione che questi fenomeni sono leggibilissimi e dunque da tempo stranoti agli analisti. Nel mondo occidentale, i cosiddetti paesi ricchi, faticano ad applicare le necessarie contromisure, essenzialmente per problemi politici e quello che sta avvenendo in Francia, proprio in questi mesi, è molto indicativo. In Italia la riforma madre del 1998 è stata portata a regime e comincia a dare i suoi risultati. Una specie di miracolo questo, se pensiamo che è avvenuto nel paese è conosciuto da tutti come il paese dell’antiriformismo. Detto questo, bisogna rendersi conto che il nostro futuro, quel mondo che verrà, potrà essere immaginato sempre più dipendente dalla nuova immigrazione, proprio quella che crea problemi di ogni tipo all’attualità. Le classi più giovani e la tendenza a costituire famiglie numerose rappresenteranno un nuovo, vitale, sostegno alla nostra futura pensione d’anzianità e ai nostri ospedali di domani. Quasi altrettanto sconvolgenti le considerazioni macro economiche fatte dal relatore sul finire del suo intervento: i due dopoguerra del Secolo XX hanno richiesto talmente tanti interventi strutturali per la ricostruzione dell’Europa martoriata che per almeno 80 anni hanno sostenuto la produzione interna e lo stesso sviluppo tecnologico. Ora, con la nuova normalità, quella di un continente in pace, dobbiamo aspettarci un iter economico rallentato, dominato da una classe demografica costituita, sempre di più, da membri dell’ex fascia intermedia produttiva, la cui inevitabile contrazione porterà ad un rallentamento di quell’euforia dell’intrapresa che è propria dei quarantenni. La cosiddetta fascia forte, chi l’andrà dunque ad interpretare? Non è difficile da prevedere, dunque occorre prepararsi alle evenienze, che sono già tutte dietro l’angolo.
(effepi)

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