Un piacere e un onore ospitare un illustre romanese, come mons Giulio Dellavite. Sacerdote dal 1996, dopo aver svolto alcuni anni di ministero parrocchiale e aver lavorato in Santa Sede come Officiale della Congregazione per i Vescovi, oggi è Segretario Generale della Curia di Bergamo. Ha conseguito il dottorato in Diritto Canonico a Roma presso la Pontificia Università Gregoriana nel 2006. Collabora con alcune università, tiene corsi di formazione, è impegnato nel mondo della comunicazione e dei social.
Il libro che presenta stasera – il quarto, in ordine cronologico – è edito da Mondadori e si intitola Elogio della normalità.
Apre la serata la vicepresidente Eliana Brandazza.
Presente, oltre ai Soci e ai graditi ospiti, l’ADG Antonio Gonella.
Mons Giulio apre la relazione con una puntuale e lucida lettura del rapporto tra Fede e religione e di come la società moderna stia cambiando la modalità di approccio alla spiritualità.
Un confronto che parte dal contenuto e non dal contenitore. Una nuova modalità di coinvolgimento che non pone la comunità religiosa come punto di partenza, ma come punto di arrivo.
Spunti interessantissimi che aprono il dibattito sul concetto di normalità e dunque che sfogliano le pagine di questa bella e densa pubblicazione.
La normalità spesso ci sembra sinonimo di noia, grigiore, rassegnazione. Una ruota da criceti su cui continuiamo a correre, una prigione dalla quale vorremmo evadere. In realtà, se affiniamo lo sguardo e apriamo il cuore, le piccole cose quotidiane hanno un valore immenso, possono permetterci di evolvere e migliorare, possono renderci generativi. La sfida che Giulio Dellavite ci propone in questo nuovo libro è quella di superare una visione «avvilente» della normalità e di riscoprirvi invece il lato «avvincente», che può portarci a vincere. Con la sua scrittura attuale e originale, torna dunque a parlare di Vangelo, per suggerirci un cambio di prospettiva: ritrovare la straordinarietà dell’ordinario. Compone così un abbecedario, che mescola le caratteristiche della quotidianità con aspetti più curiosi: amoressia (con la emme!), decriptazione, fashion style, liminarità, mecciare, opinionismo, performance, quinto quarto, viralità. In questa chiave, l’autore riflette ancora una volta su quella storia profondamente umana che il Vangelo offre come specchio per vedere il proprio volto. Anche Gesù – a parte gli ultimi tre anni della sua vita – ha condotto un’esistenza normale, ma proprio viverla a fondo è stato per lui scuola e palestra per imparare a essere uomo e scoprirsi Figlio di Dio.
Lo spiegano, dalla A alla Z, i personaggi meno conosciuti del Vangelo, figure secondarie come il cameriere dell’Ultima cena, Giairo, Nicodemo, la moglie di Pilato o il quarto Re Magio. «Perché loro sono noi.» Partendo da queste figure, l’autore tesse un elogio della normalità intesa come spazio in cui ciascuno può mettersi alla prova e imparare a leggere la propria storia come una nuova pagina sacra. Dimostrandoci che anche le cose e le azioni più semplici restano comunque e nonostante tutto divine.
M.ko